Quello è pieno, questo è pieno, dal pieno si attinge il pieno, attinto il pieno, il pieno rimane pieno.
Brhadaranyaka Upanishad V,1,1
Cosa si fa con una frase così? A cosa serve? A niente, se la si legge solo con l’intelletto.
Bisogna trascendere, distinguere tra intelletto e trascendenza. Il trascendente, una parola che fino ad ora non ho mai usato. Cos’è il trascendente nel percorso di un meditante?
Il trascendente è un quarto stato di coscienza.
Dormire, sognare, essere sveglio, sono i tre stati di coscienza che tutti conosciamo e non possiamo fare a meno di vivere, che lo vogliamo o meno. Andando verso stati più sottili si sperimenta il soggetto cosciente. Molti chiamano il soggetto cosciente il trascendente, o colui che è pienamente consapevole. Per noi va bene il soggetto cosciente.
Il soggetto cosciente si risveglia nel momento in cui si avvicina all’unità di campo o campo di tutte le possibilità. Là, si sperimenta la quiete senza sonno, senza sogno e in uno stato di veglia estrema. E’ l’incontro con colui che vede se stesso dentro se stesso e fuori se stesso. Il veggente (colui che ha piena consapevolezza di se).
Diventiamo il soggetto cosciente che è in noi.
Siamo distaccati grazie al mantra per poter osservare e seguire l’andare e venire dei nostri pensieri. Diventiamo coscienti di riprendere il nostro mantra/veicolo. Tutto accade simultaneamente. Siamo l’osservatore, l’oggetto di osservazione e il processo di osservazione. Colui che sperimenta i tre stati simultaneamente è il soggetto cosciente. E’ il soggetto cosciente che sperimentando l’unità di campo (il suono del silenzio… e tanto altro) si auto-potenzia e risale in superficie rigenerato. Più energia, mente più lucida, e uno stato di armonia che lo porta ad una salute splendente.
Questo accade dopo qualche tempo, o anche subito dopo aver iniziato la pratica, la meditazione.
Certo, il più delle volte non dura a lungo. Dopo un po’ la vita di tutti i giorni con le sue gioie e i suoi dolori ci riporta all’oblio di noi stessi. Il soggetto cosciente si assopisce e torna nella zona buia della nostra coscienza. Ma non del tutto. Una volta che si è sperimentato il contatto con il campo di tutte le possibilità, qualcosa in noi ci spinge a tornare a meditare. Lo facciamo di nuovo, forse il giorno dopo, forse più in là. Va bene cosi. D’altronde il mantra è dentro di noi e continua a fare il suo lavoro da solo, non più come soggetto cosciente se non meditiamo, ma il richiamo della foresta rimane in agguato, pronto a farci tornare alla pratica prima o poi.
Torniamo a meditare.
Il mantra con la pratica diventa un pensiero quasi impercettibile. Ci sembra che il suono cambi. E’ proprio cosi. A contatto con noi stessi si è adeguato a noi, nel
migliore dei modi possibili. Cominciamo a scendere, la respirazione rallenta, il silenzio ci avvolge e un ronzio piacevole se interpone tra l’andare e venire dei nostri pensieri e il pensiero sottile del mantra.
La nostra mente è attiva.
E’ attiva in uno stato di quiete apparente. Così facendo la mente si libera dal superfluo. Gli stress inutili. Gli stress sono i blocchi di tensione della mente. Come i blocchi di tensione muscolari. I blocchi muscolari li riconosciamo subito. Fanno male. Quelli della mente sono più difficili da riconoscere. A volte un mal di testa. Il più delle volte un disagio, un senso di infelicità e nevrosi galoppanti. L’ansia e tante altre manifestazioni di disagio il più delle volte sono causati da stress accumulati anno dopo anno.
Attenzione, non sto dicendo che bisogna vivere completamente senza stress.
Cè uno stress sano e disinvolto che ci permette di lottare per la nostra sopravvivenza. E’ lo stress che comprende l’azione intenzionale.
IN-TEN-ZIO-NA-LE. Tensione uguale stress. Questa tensione/stress dobbiamo imparare a gestirla per il nostro bene e la nostra sopravvivenza nella giungla del quotidiano. Come? Facile… meditando. La pratica stessa e la pulizia profonda degli stress accumulati inutilmente negli anni ci daranno lo spazio necessario per ricostruire un nuovo essere in divenire. Durante la pratica della meditazione gli stress cominciano a liquefarsi. Passano da uno stato solido ad uno stato liquido. Ma stanno ancora lì. E’ come i grassi accumulati nel corpo. Facendo esercizio diventano più morbidi e passano da uno stato semi-solido ad un stato liquido. Poi grazie alle diete ed una giusta attitudine a tavola in poco tempo si evaporano attraverso i pori della pelle, o vengono digeriti ed espulsi naturalmente. Lo stesso succede con i grassi del pensiero (stress). Prima passano da uno stato solido ad uno liquido. Poi, grazie ad una sana attitudine di pensiero e di comportamento evaporano o vengono espulsi dal naso e spariscono per sempre. Poi ci sono stress molto più sottili che si scaricano grazie a impulsi “elettrici” che creiamo con la meditazione. Ovvio che la vita quotidiana con le proprie vicissitudini ci porta nuovi stress. Ma grazie alla meditazione e a un nuovo modo di affrontare la vita, la pratica stessa ci offre naturalmente la soluzione affinché questi stress non attecchiscano più come prima. E così diventiamo soggetti liberi dalle stronzate altrui. Per fare tutto questo non c’è bisogno di atteggiarsi in modo nuovo o cambiare abitudini di vita, alimentazione etc.
Dobbiamo rimanere sempre noi stessi così come siamo.
Il cambiamento avviene nel profondo di noi. E’ il nostro essere che si trasforma.
Se poi sentiamo il bisogno di cambiare abitudini e modi, ben venga, ma devono essere frutto di decisioni prese in armonia e con piena partecipazione di noi come soggetto cosciente.
Altrimenti accumuliamo il peggiore degli stress e tutto il lavoro che abbiamo fatto diventa nullo.
Per fare tutto questo dobbiamo far crescere il nostro piccolo mantra/veicolo.
Farlo diventare un vero mantra. Fino ad oggi era un bij mantra. Adesso lo potenziamo e diventa un mantra a tutti gli effetti.
Prima di mettere in pratica questo mantra avanzato vi consiglio di continuare con il vostro piccolo mantra per almeno tre mesi.
Dopo potete iniziare a potenziare il vostro mantra.
Se vi risulta difficile portare il mantra aggiunto a un livello sottile di pensiero allora potete sempre tornare indietro e continuare con il bij mantra iniziale.
Adesso vi spiego cosa accade dentro di noi con i mantra aggiunti.
Anche questi mantra sono in sanscrito.
Il primo è SHRI e tradotto letteralmente vuol dire “mio signore”
Il secondo è NAMAH e tradotto letteralmente vuol dire “ mi prostro ai tuoi piedi”
Dunque si compone cosi:
SHRI – TUO MANTRA – NAMAH
La traduzione letterale non è da tenere in considerazione in nessun modo.
Il sanscrito è la lingua /suono/significato/visualizzata/materializzata della mente intuitiva.
Con questo mantra il pensiero sottile fa una genuflessione di 180 gradi.
Questo accade dentro il nostro pensiero sottile. Facciamo sì che il nostro suono si muova avanti verso l’alto, per poi scendere e di nuovo risalire in tre tempi. Nel campo della mente i movimenti sono oscillatori, circolari e a spirale. E’ un po’ come una danza mentale con tre movimenti circolari. Immaginate di alzare le braccia verso l’alto, sopra la vostra testa, poi piano piano le scendete verso il basso fino a toccare i vostri piedi. SHRI: le braccia e lo sguardo verso l’alto.
Il TUO MANTRA: a metà della discesa, e NAMAH: l’arrivo in basso. Tutto questo lo facciamo in modo circolare pensando il mantra. A spirale, verso l’alto e verso il basso. Così facendo giriamo in noi stessi come un frullatore verso il campo, per poi risalire in superficie con un canale più energetico e splendente. Potenziamo il nostro canale senza farlo più ampio o grande. Creiamo solo un turbine per potenziare l’acqua verso il nostro orto. Lasciamo fluire liberamente i pensieri come prima, con il piccolo mantra/veicolo, e torniamo sempre al nostro nuovo mantra nel modo più sottile che possiamo immaginare. Dopo la meditazione aspettate due minuti prima di aprire gli occhi e fatelo lentamente.
Quello è pieno, questo è pieno, dal pieno si attinge il pieno, attinto il pieno, il pieno rimane pieno.
Il pieno sei tu.
Grazie